Passa al contenuto principale

Visione del conflitto

 

PERCHE'?

Alla base delle pratiche presentate qui c’è un importante fondamento filosofico che incoraggia a compiere una trasformazione delle modalità di relazionarci u unu au altru, di come concettualizziamo l’essere umano, per una transizione verso una cultura rigenerativa, verso un nuovo luogo relazionale dove affrontiamo i conflitti quando sorgono e privilegiamo i cicli di feedback brevi.

L’idea alla base dei sistemi dialogici è che “parlando si impara”: troviamo insieme maggiore consapevolezza su come litighiamo, come impariamo, come condividiamo tra di noi, come ci prendiamo cura di noi stessu e deu altru.

Non siamo individui isolati e la collettività è un tutto, è più che la semplice somma delle parti. Nella collettività esistono dei sistemi, solitamente impliciti, ereditati, che spesso funzionano in automatico. Per una transizione a una cultura rigenerativa, sana, resiliente, adattabile, empatica, dove i bisogni di tuttu possono essere soddisfatti in maniera pacifica, occorre prendere consapevolezza dei sistemi di cui sosteniamo il funzionamento. Vogliamo poi costruire insieme e in maniera consapevole i sistemi, e gli accordi per il loro funzionamento, che siano tali da essere in armonia e coerenza con i nostri più profondi principi e valori.

 

Il conflitto

Il conflitto è la conseguenza naturale di qualunque relazione che vale la pena di avere.

Un altro modo di guardare al conflitto è di concepirlo come un feedback dato in ritardo, oppure un riscontro dato al sistema che dice “è successo qualcosa di nuovo”. Di fronte a “qualcosa di nuovo” abbiamo due possibilità mutualmente esclusive: mantenere lo status quo, o aprire alla novità. Può però anche esserci, più facilmente in un sistema dialogico, una terza possibilità, creativa, che combina elementi dello status quo precedente con elementi nuovi.

Nel pensare le pratiche dei sistemi di trasformazione rigenerativa dei conflitti, ci sembra che possa aiutare interrogarsi sui fondamenti filosofici, psicologici, e politici che sottendono ai sistemi che vogliamo co-creare.

Desideriamo avere un sistema di giustizia rigenerativa e non di giustizia punitiva.

I sistemi dialogici rigenerativi permettono di dirsi la verità, i sistemi punitivi bloccano la verità. Nei sistemi di giustizia rigenerativa, l’intento che abbiamo è quello di cogliere i bisogni che chi ha agito cercava di soddisfare quando ha compiuto l’azione che ha stimolato dolore, malessere, o in altro modo non ha nutrito i bisogni di una o più persone e/o della comunità.

La base che per noi sottende tutto questo lavoro è la Comunicazione Nonviolenta (CNV). Intendiamo per Comunicazione Nonviolenta una comunicazione collegata alla Vita, a quello che c’è di vivo in noi in ogni istante. Una comunicazione che accoglie nello stesso slancio se stessu e u altru, volendo soddisfare i bisogni di tuttu. Elemento essenziale della comunicazione nonviolenta è l’empatia. Intendiamo con empatia una qualità di presenza nell’ascolto dell’altra persona, senza giudizio, senza voler portarla da qualche parte, senza consigli non richiesti, in totale attenzione a ciò che è vivo nell’altra persona, con un’attenzione all’ascolto dei bisogni universali in tutto ciò che viene espresso.

Inoltre, si tratta di un approccio ecologico alla nonviolenza: io faccio parte del tutto, e nessun dolore mi è esterno, perché sono parte di un sistema in cui tutto è interdipendente. Per dirla con Martin Luther King, “riconosciamo che siamo intessuti nello stesso abito del destino”.

Nella comunità, il conflitto è un elemento inevitabile della vita insieme. Il conflitto non è il serpente pericoloso nella selva, da cui si deve scappare. Al contrario, attraversato nel dialogo, può essere elemento essenziale di una crescita individuale e collettiva.

Non tuttu aderiscono alla nonviolenza per un approccio etico o spirituale. Un’adesione ugualmente radicale alla nonviolenza ha fondamenti pragmatici, empirici. Le evidenze delle scienze sociali e delle scienze psicologiche hanno mostrato che gli approcci nonviolenti hanno successo in più del doppio dei casi rispetto alle lotte violente, e una maggior probabilità che i risultati siano duraturi.

Questo vale anche per la comunicazione nonviolenta. L’ascolto empatico e l’intenzione sincera di dare importanza alla connessione umana aumentano di molto la probabilità che le persone con cui interagiamo abbiano voglia di contribuire al nostro benessere, di ascoltare anche i nostri bisogni, per cercare insieme soluzioni che soddisfino i bisogni di tuttu.

In questa visione non è il conflitto a creare problemi: è la fuga dal conflitto che crea i problemi. Immaginiamo di allontanarci fisicamente, di un metro, cinque metri, dieci metri, cinquanta. Per poterci intendere occorre alzare la voce. Così avviene quando litighiamo, ci allontaniamo spiritualmente, mentalmente, per cui ci mettiamo a urlare. La violenza è un urlo che vuole farsi sentire. La violenza fisica può essere l’estrema conseguenza: se io violo la tua integrità fisica non puoi più fare finta che non siamo in relazione, mentre i miei bisogni urlano dal dolore di non essere soddisfatti.

In questa visione ecologica della nonviolenza e del conflitto, si intende che oltre a due parti direttamente prese nel conflitto, ci sia una comunità di conflitto, considerata co-responsabile, poiché crea più o meno consapevolmente le condizioni dove tale conflitto diventa doloroso.

 

Come desideriamo gestire il conflitto in XR in Italia

Desideriamo co-creare sistemi dialogici, consapevoli, per avere le condizioni nelle quali il conflitto possa fiorire e nutrire le relazioni.

L’approccio adottato qui si ispira alla Comunicazione Nonviolenta di Marshall B. Rosenberg, e ai cerchi rigenerativi di Dominic Barter.

Un cerchio rigenerativo è un processo comunitario per supportare coloro che sono in conflitto.

Siamo tuttu invitatu a parlare in profondità, esprimendo pienamente il proprio vissuto, oltrepassando una certa paura del conflitto che caratterizza gli apprendimenti impliciti del sistema tossico in cui siamo stati educati. Riconosciamo che occorre uscire dalle nostre zone di comfort.

 

Invitiamo ciascunu a esprimere con libertà e ascoltare profondamente, tutto ciò che ha bisogno di essere detto / ascoltato. Speriamo che il cerchio possa essere un luogo di confronto paritario, alla ricerca dei nostri bisogni (il noi che è più della somma dei molti “io” presenti). Allo stesso tempo, desideriamo prenderci cura dei bisogni di tuttu. I cerchi, piuttosto che essere un luogo di dibattito tra due (o più) “fazioni avverse”, è un luogo dove crescere insieme come comunità trovando spazio per creare passo a passo il mondo che vogliamo. Insieme.