Sistema di Trasformazione Rigenerativa dei conflitti

Descrizione del sistema co-costruito

SISTEMA DI GIUSTIZIA CO-COSTRUITA PER LA TRASFORMAZIONE RIGENERATIVA DEI CONFLITTI

Introduzione

Uno dei dieci principi & valori fondanti di Extinction Rebellion si riferisce al desiderio di costruire una cultura rigenerativa. In questa cultura desideriamo agire immediatamente per affrontare i conflitti appena sorgono. Vogliamo creare una cultura rigenerativa che ci permetta di esprimere il meglio della nostra forza e intelligenza collettiva. Agire subito, prima che il conflitto o la semplice tensione diventi a tal punto doloroso/a che diventa più difficile attraversarlo/a per crescere insieme. 

Ci siamo uniti a XR per portare avanti un compito urgente e di grande importanza. Vogliamo restare insieme e crescere in efficacia e coesione. Conflitti non affrontati o attraversati in maniera non rigenerativa potrebbero depotenziarci o perfino distruggerci, come abbiamo visto accadere in troppi movimenti e associazioni.

Questo documento presenta il sistema di trasformazione rigenerativa dei conflitti che è a disposizione di tutto il movimento XR in Italia, e può essere attivato da chiunque voglia portare un conflitto o una tensione all’attenzione del gruppo di supporto “Trasformazione Rigenerativa dei Conflitti (TRC)” e della Comunità affinché sia affrontato secondo gli accordi di sistema qui descritti.

Il sistema può essere attivato da chiunque nel movimento:

 

Descrizione del sistema e dei cerchi rigenerativi

I cerchi rigenerativi sono facilitati in tre stadi con lo scopo di:

  1. Identificare gli elementi fondamentali del conflitto;
  2. Raggiungere gli accordi sui passi che vogliamo compiere per rigenerare il nostro agire insieme;
  3. Valutare i risultati.

Ci troviamo in un cerchio rigenerativo al fine di riparare il danno, ricostruire le relazioni e reintegrare tuttu nella comunità.

Le caratteristiche fondamentali del sistema sono:

 

  1. Attivazione del sistema. Tipicamente, una persona che considera di aver ricevuto un atto rispetto al quale avverte una sofferenza e insoddisfazione dei propri bisogni, attiva il sistema chiedendo un cerchio rigenerativo. Tuttavia, chiunque può attivare un cerchio rigenerativo, poiché il conflitto interessa tutta la comunità. Chi desidera attivare il cerchio, contatta il gruppo di supporto “Trasformazione Rigenerativa dei Conflitti” (TRC), tramite uno dei seguenti canali:
  1. Nomina di unu facilitataru (ed eventualmente uno o due co‑facilitataru). U facilitataru, preferibilmente membro della comunità di conflitto, assume il ruolo di condurre i pre-cerchi, e di facilitare il dialogo durante il cerchio, occupandosi poi anche del post-cerchio. La scelta di chi facilita viene fatta sulla base di una tabella di chi è disponibile a facilitare, a turno. Ugualmente, la scelta di chi co-facilita viene fatta sulla base di un’altra tabella di chi è disponibile a co-facilitare, a turno.


 Uno dei ruoli chiave deu cofacilitataru è quello di dare supporto au facilitataru (pre-cerchio specifico, e altre modalità di supporto). Resta possibile, in attesa di una co-creazione di un sistema locale, che siano nominatu uno o due co-facilitataru tra u Ribelli del gruppo locale o regionale. Questo contribuirebbe a rispondere a bisogni espressi, che tuttu u Ribelli “assorbano” un po’ alla volta le pratiche rigenerative della resilienza ai conflitti, che acquisiscano strumenti ed esperienze, e che questi approcci diventino via via conoscenza anche dei gruppi.

  1. Pre-cerchi.U facilitataru contatta la persona che ha attivato il sistema, organizza un incontro a tu per tu, online (preferibilmente in videochiamata) se il cerchio avverrà online, e possibilimente di persona, se il cerchio avverrà di persona e gli/le chiede

L’intenzione della prima domanda è di identificare il fatto specifico che è accaduto aiutando la persona a precisarlo il meglio possibile.

Dopo ciò, ricorda gli accordi del sistema e chiede

Infine, chiede:

U facilitataru incontra poi, con gli stessi obiettivi e le stesse domande, anche tutte le persone indicate. Con ciascuna, specifica il fatto accaduto e chiede anche a loro:

Oltre a un cerchio rigenerativo, altri spazi dialogici possono essere chiamati (ad esempio se fosse una tensione organizzativa, si potrebbe richiedere la partecipazione di almeno unu Ribelle del gruppo di supporto SOS).

 

3.1. Pre-cerchio per chi facilita.  Anche per chi facilita e idealmente anche per chi supporta come co-facilitatataru è fondamentale che possa esserci un pre-cerchio. Chi facilita - senza che sia obbligatoriamente così - potrebbe ricevere il precerchio dal co-facilitataru.

In questo caso le domande sono:

  1. Hai qualche idea fissa su di te, sulle persone coinvolte o sul processo che potrebbero essere d’intralcio alla tua facilitazione?
  2. Di che tipo di supporto pensi di avere bisogno e cosa pensi di fare per rendertelo disponibile?
  3. Sei d’accordo di procedere e facilitare questo cerchio, inclusi pre-cerchi e post-cerchio?

Anche in questo caso, chi fa il pre-cerchio resta nell’ascolto empatico, senza giudizio, presente, in silenzio e/o con rimandi in comunicazione nonviolenta, focalizzandosi sui sentimenti e soprattutto sui bisogni e valori, desideri, aspirazioni soggiacenti.

 

  1. Cerchio. Il cerchio è un luogo di dialogo. Lo scopo è di permettere alla comunità di ricostruire significato, attraverso un reale ascolto profondo .

U facilitataru pone  inizialmente la domanda seguente (o simile variante) alla persona che ha attivato il sistema, o eventualmente a sua discrezione alla persona che appare in quel momento in maggiore tensione o urgenza di esprimersi ed essere ascoltata:

“Cosa desideri che sia noto, e da chi, in relazione ai fatti accaduti e al loro significato e conseguenze?”

(se chi parla non indica esplicitamente a chi si rivolge, u facilitataru sceglierà nel cerchio una persona che ritiene la più probabile interlocutrice e chiederà a questa “cosa hai sentito dire”)

In seguito a ogni cosa che la persona esprime, u facilitataru chiede all’interlocutore:

Cosa hai sentito dire?”

e poi verificando con la persona che si era espressa: “è questo che volevi dire?”, gli si permette di esprimere fino in fondo, assicurandosi ogni volta che abbia espresso pienamente tutto quello che u premeva dire. 

Unica eccezione, da usare con parsimonia, al fatto che u facilitataru interviene il meno possibile è la possibilità per chi facilita di ovviare a un possibile blocco di comprensione reciproca, quando una persona esprime giudizi o valutazioni sull’altra persona, o accuse, che vengono ricevute come tali. Se questo appare come ostacolare la comprensione reciproca, chi facilita può fare un rimando alla persona che parla, cercando di rilevare le ragioni profonde, le aspirazioni, i bisogni che sono celati in ciò che la persona dice. Se chi ha parlato conferma di essere stato inteso nella riformulazione, chi facilita chiede poi all’interlocutore “cosa hai sentito dire?”.

Tutte le persone nel cerchio hanno la possibilità di esprimersi spontaneamente, per dire tutto quello che ha bisogno di essere ascoltato, senza rigide regole e senza le tipiche modalità di turni di parola, chiarimenti, proposte, interventi diretti, con i segni di XR, ma più liberamente, perché lo scopo è di raggiungere un’intesa mutua.

La prima fase del cerchio permette di raggiungere una comprensione reciproca, dopo la quale si può passare a indagare più approfonditamente quali fossero le buone ragioni (i bisogni) dietro  le azioni che hanno portato all’attivazione del cerchio. Nel caso in cui l’espressione dei bisogni non emerga spontaneamente, u facilitataru può formulare una domanda analoga alla prima, che diventa:

Quali bisogni cercavi di soddisfare quando hai (fatto/detto/...)... ?”

Può capitare che alcune cose non siano state dette o sufficientemente dette e ascoltate, in tal caso, più o meno spontaneamente si ritorna indietro alla prima fase di comprensione reciproca.

 

Una volta che tutti i bisogni sono stati ascoltati, la terza fase è quella delle decisioni concrete, delle richieste e delle azioni precise su cui ci si accorda, per rigenerare e reintegrare tuttu nella comunità. Per raggiungere degli accordi, nel caso non emergano spontaneamente, valutando il momento opportuno, u facilitataru può chiedere una delle seguenti domande:

- “C’è qualcunu che vuole offrire/ricevere qualcosa?”; oppure

- [rivolgendosi a una persona specifica] “Cosa vorresti offrire/ricevere?” oppure

- “Come vorreste andare avanti?”

Per rendere gli accordi concreti e specifici u facilitataru fa le seguenti domande per aiutare a rendere più specifico l’accordo: “Cosa?”, “Dove?”, “quando?”, “a chi/con chi?”, “Con che mezzi?”

Può essere utile inquadrare gli accordi presi in una scala temporale, che rimanda alla fase di verifica post-cerchio al fine di verificare se gli accordi presi hanno funzionato, se la specifica tensione è superata (o “aggiustata” in ambito SOS) e/o se il conflitto è trasformato .

Proposta di accordi per il cerchio:

 

  1. Se alcunu non volessero più partecipare

 

La prima ipotesi esperienziale che viene fatta è quella che nessuno rifiuta il dialogo, salvo timori o disagi per insoddisfatti bisogni di sicurezza, fiducia, o simili. Può succedere che questo avvenga eventualmente per un pre-cerchio che non ha portato a colmare sufficientemente il bisogno di ascolto empatico. Una possibilità che si offre è di sospendere il cerchio e tornare alla fase di pre-cerchio con chi non volesse più partecipare, e esplorare le condizioni che possano eventualmente rendere nuovamente possibile la partecipazione della/e persona/e.

Può capitare anche che una persona scelga comunque di non partecipare più, e in alcuni casi reali è anche già successo, ad esempio, che la sua posizione venisse portata al cerchio da un’altra persona. La persona che “sostituisce” chi non vuole più partecipare si pone come presenza nel cerchio, immaginando di portarne la voce. Su tale base, si possono raggiungere degli accordi che hanno comunque ricadute su tutta la comunità. Ossia, la comunità può continuare il cerchio e prendere accordi pratici da attuare, in maniera valida anche per chi non avesse voluto (continuare a) partecipare.

Se questi accordi non fossero accettati da parte di chi aveva deciso di non partecipare al cerchio, e/o se si verificasse un ulteriore comportamento o azione ricevuta come dannosa, potrebbero sussistere diverse ipotesi d’azione (nuovo cerchio, altra forma di mediazione, eventuale richiesta di spontaneo allontanamento dal movimento da parte della persona che non desidera più partecipare,...)

In casi estremi, in funzione delle risorse e disponibilità di tempo e energie, la comunità potrebbe non riuscire a compiere la trasformazione di uno specifico conflitto. La “linea guida” che vogliamo darci è quella di perseverare a lungo e in maniera creativa nell’approccio rigenerativo. Allo stesso tempo, la comunità potrebbe confrontarsi, e valutare come “ultima spiaggia”, in extremis, richieste di allontanamento dai gruppi o anche dal movimento. Qualora si giungesse a una simile, estrema decisione, si potrà assegnare una persona a mantenere eventualmente i contatti per non precludere eventuali futuri riavvicinamenti.

 

  1. Post-cerchio

 

In fase finale del cerchio, si prenderanno degli accordi, con un’indicazione di un orizzonte temporale entro cui verificare se il conflitto è stato trasformato e i nuovi accordi e decisioni prese sono soddisfacenti.

Questo post-cerchio può essere più o meno formale, eventualmente anche un breve check potrebbe essere sufficiente, a seconda della portata del cerchio. Potrebbe essere o non essere necessario che partecipino tuttu u Ribelli che erano presentu nel cerchio.

 

 

Visione del conflitto

 

PERCHE'?

Alla base delle pratiche presentate qui c’è un importante fondamento filosofico che incoraggia a compiere una trasformazione delle modalità di relazionarci u unu au altru, di come concettualizziamo l’essere umano, per una transizione verso una cultura rigenerativa, verso un nuovo luogo relazionale dove affrontiamo i conflitti quando sorgono e privilegiamo i cicli di feedback brevi.

L’idea alla base dei sistemi dialogici è che “parlando si impara”: troviamo insieme maggiore consapevolezza su come litighiamo, come impariamo, come condividiamo tra di noi, come ci prendiamo cura di noi stessu e deu altru.

Non siamo individui isolati e la collettività è un tutto, è più che la semplice somma delle parti. Nella collettività esistono dei sistemi, solitamente impliciti, ereditati, che spesso funzionano in automatico. Per una transizione a una cultura rigenerativa, sana, resiliente, adattabile, empatica, dove i bisogni di tuttu possono essere soddisfatti in maniera pacifica, occorre prendere consapevolezza dei sistemi di cui sosteniamo il funzionamento. Vogliamo poi costruire insieme e in maniera consapevole i sistemi, e gli accordi per il loro funzionamento, che siano tali da essere in armonia e coerenza con i nostri più profondi principi e valori.

 

Il conflitto

Il conflitto è la conseguenza naturale di qualunque relazione che vale la pena di avere.

Un altro modo di guardare al conflitto è di concepirlo come un feedback dato in ritardo, oppure un riscontro dato al sistema che dice “è successo qualcosa di nuovo”. Di fronte a “qualcosa di nuovo” abbiamo due possibilità mutualmente esclusive: mantenere lo status quo, o aprire alla novità. Può però anche esserci, più facilmente in un sistema dialogico, una terza possibilità, creativa, che combina elementi dello status quo precedente con elementi nuovi.

Nel pensare le pratiche dei sistemi di trasformazione rigenerativa dei conflitti, ci sembra che possa aiutare interrogarsi sui fondamenti filosofici, psicologici, e politici che sottendono ai sistemi che vogliamo co-creare.

Desideriamo avere un sistema di giustizia rigenerativa e non di giustizia punitiva.

I sistemi dialogici rigenerativi permettono di dirsi la verità, i sistemi punitivi bloccano la verità. Nei sistemi di giustizia rigenerativa, l’intento che abbiamo è quello di cogliere i bisogni che chi ha agito cercava di soddisfare quando ha compiuto l’azione che ha stimolato dolore, malessere, o in altro modo non ha nutrito i bisogni di una o più persone e/o della comunità.

La base che per noi sottende tutto questo lavoro è la Comunicazione Nonviolenta (CNV). Intendiamo per Comunicazione Nonviolenta una comunicazione collegata alla Vita, a quello che c’è di vivo in noi in ogni istante. Una comunicazione che accoglie nello stesso slancio se stessu e u altru, volendo soddisfare i bisogni di tuttu. Elemento essenziale della comunicazione nonviolenta è l’empatia. Intendiamo con empatia una qualità di presenza nell’ascolto dell’altra persona, senza giudizio, senza voler portarla da qualche parte, senza consigli non richiesti, in totale attenzione a ciò che è vivo nell’altra persona, con un’attenzione all’ascolto dei bisogni universali in tutto ciò che viene espresso.

Inoltre, si tratta di un approccio ecologico alla nonviolenza: io faccio parte del tutto, e nessun dolore mi è esterno, perché sono parte di un sistema in cui tutto è interdipendente. Per dirla con Martin Luther King, “riconosciamo che siamo intessuti nello stesso abito del destino”.

Nella comunità, il conflitto è un elemento inevitabile della vita insieme. Il conflitto non è il serpente pericoloso nella selva, da cui si deve scappare. Al contrario, attraversato nel dialogo, può essere elemento essenziale di una crescita individuale e collettiva.

Non tuttu aderiscono alla nonviolenza per un approccio etico o spirituale. Un’adesione ugualmente radicale alla nonviolenza ha fondamenti pragmatici, empirici. Le evidenze delle scienze sociali e delle scienze psicologiche hanno mostrato che gli approcci nonviolenti hanno successo in più del doppio dei casi rispetto alle lotte violente, e una maggior probabilità che i risultati siano duraturi.

Questo vale anche per la comunicazione nonviolenta. L’ascolto empatico e l’intenzione sincera di dare importanza alla connessione umana aumentano di molto la probabilità che le persone con cui interagiamo abbiano voglia di contribuire al nostro benessere, di ascoltare anche i nostri bisogni, per cercare insieme soluzioni che soddisfino i bisogni di tuttu.

In questa visione non è il conflitto a creare problemi: è la fuga dal conflitto che crea i problemi. Immaginiamo di allontanarci fisicamente, di un metro, cinque metri, dieci metri, cinquanta. Per poterci intendere occorre alzare la voce. Così avviene quando litighiamo, ci allontaniamo spiritualmente, mentalmente, per cui ci mettiamo a urlare. La violenza è un urlo che vuole farsi sentire. La violenza fisica può essere l’estrema conseguenza: se io violo la tua integrità fisica non puoi più fare finta che non siamo in relazione, mentre i miei bisogni urlano dal dolore di non essere soddisfatti.

In questa visione ecologica della nonviolenza e del conflitto, si intende che oltre a due parti direttamente prese nel conflitto, ci sia una comunità di conflitto, considerata co-responsabile, poiché crea più o meno consapevolmente le condizioni dove tale conflitto diventa doloroso.

 

Come desideriamo gestire il conflitto in XR in Italia

Desideriamo co-creare sistemi dialogici, consapevoli, per avere le condizioni nelle quali il conflitto possa fiorire e nutrire le relazioni.

L’approccio adottato qui si ispira alla Comunicazione Nonviolenta di Marshall B. Rosenberg, e ai cerchi rigenerativi di Dominic Barter.

Un cerchio rigenerativo è un processo comunitario per supportare coloro che sono in conflitto.

Siamo tuttu invitatu a parlare in profondità, esprimendo pienamente il proprio vissuto, oltrepassando una certa paura del conflitto che caratterizza gli apprendimenti impliciti del sistema tossico in cui siamo stati educati. Riconosciamo che occorre uscire dalle nostre zone di comfort.

 

Invitiamo ciascunu a esprimere con libertà e ascoltare profondamente, tutto ciò che ha bisogno di essere detto / ascoltato. Speriamo che il cerchio possa essere un luogo di confronto paritario, alla ricerca dei nostri bisogni (il noi che è più della somma dei molti “io” presenti). Allo stesso tempo, desideriamo prenderci cura dei bisogni di tuttu. I cerchi, piuttosto che essere un luogo di dibattito tra due (o più) “fazioni avverse”, è un luogo dove crescere insieme come comunità trovando spazio per creare passo a passo il mondo che vogliamo. Insieme.