MANUALE di OUTREACH IN AZIONE

Indice

Introduzione e obiettivi del manuale

  1. Definizioni: cos’è’ outreach e cosa non è’ outreach
  2. Requisiti de* ribelli in outreach: come prepararsi al meglio
  3. Cosa frulla per la testa de* passanti? La psicologia del negazionismo di massa
  4. Outreach in azione
  5. Protocolli di volantinaggio durante la pandemia di  COVID

Appendice 1. Nota metodologica

Appendice 2. Per una nuova narrativa: dalla separazione all’interconnessione

 


Introduzione e obiettivi del manuale

È fondamentale per la crescita del movimento una divulgazione sistematica, per attrarre nuov* ribelli, maggiori energie e diventare effettivamente un movimento di massa.

L’outreach mira a pubblicizzare le azioni e i principi secondo cui agisce XR, in modo che tutt* possano comprendere i motivi che ci spingono a compiere le azioni, specialmente se di disturbo. Sappiamo infatti di essere nel giusto: “agiamo secondo ciò che è necessario” e questo messaggio deve essere trasmesso chiaramente dai nostri portavoce. 

Da qui l’importanza di formare tutt* i/le ribelli intenzionati a cimentarsi nell’outreach: ess* portano il nostro “biglietto da visita” e devono essere in grado di trasmettere un messaggio breve ma incisivo, in modo da avvicinare persone esterne al movimento. Non è necessario convincere subito l'altra persona a entrare in XR; l’obiettivo è informare e avvicinare gli altri al movimento anche condividendo, le emozioni forti che la questione del riscaldamento climatico suscita in noi tutti (cap.3), il che è diverso dal reclutare nuov* ribell* (cap. 1). Bisogna intavolare una serena e tranquilla chiacchierata nella quale si possono far presenti i motivi che spingono a compiere una determinata azione, i principi del movimento, il concetto della non violenza, il motivo della disobbedienza civile, l’importanza delle culture rigenerative e tutti gli altri temi che caratterizzano XR (cap.2 e 4). Insomma, le ragioni che spingono i ribelli ad agire devono essere portate alla luce, non essendo facilmente comprensibili a prima vista. Non si tratta semplicemente di distribuire volantini, ma di incuriosire e dare una buona impressione riguardo a ciò che facciamo; diciamo che in genere hai fatto un buon lavoro quando, alla fine dello scambio il volantino ti viene chiesto (cap.5).

In molti forse sottovalutano questo compito e vi aderiscono in assenza di altri compiti. Bisogna tenere conto che un outreach fatto male può avere un effetto opposto e allontanare l’interlocutore, il che non sarebbe auspicabile. Chi fa outreach dovrebbe essere a conoscenza della responsabilità che ha nei confronti del proprio gruppo, visto che si diventa la bocca di XR, e si parla per tutt* i/le ribelli. È quindi opportuno che siano messi a disposizione di tutte e tutti gli accorgimenti e i consigli che vengono dati dall’esperienza inglese (XR-UK) e italiana per compiere al meglio tale compito. Il manuale si conclude con un protocollo di outreach durante la Pandemia.

 


1. Definizioni: cos’è’ outreach e cosa non è’ outreach

 Outreach viene dalla parola inglese “out” + “reach”: letteralmente significa raggiungere il ‘fuori’. In italiano l’espressione più simile a questo è quella del “dialogare”. Per spiegare cosa è l’outreach iniziamo sfatando i miti su cosa potrebbe voler dire.

L’outreach non è:

-  Volantinaggio, ossia distribuire volantini senza avere un dialogo con le persone.

-  Convincere la persona ad entrare in XR.

-  Convincere la persona che quello che stiamo facendo sia giusto.

-  Convincere un negazionista riguardo la scienza del cambiamento climatico.

-  Trattenere una persona che si vuole allontanare.

Possiamo definire l’outreach come un ponte tra l’azione e l’esterno. Le azioni di XR sono molto attraenti nella loro creatività e presenza, ma se non c’è nessuno che spiega al passante cosa sta succedendo e perché, l’azione rischia di non essere inclusiva ed essere fine a sé stessa.

Prima di spiegare qual è l’obiettivo dell’outreach è necessario spiegare che tipo di passante potremo trovare. Questo ci aiuta a capire come approcciarsi alle persone, ma soprattutto che aspettative farci dalla conversazione.

Ecco le quattro tipologie di passante (generalizzate):

         image-1619809651206.png

L’obiettivo principale non è far entrare la persona direttamente all’interno di XR, ma spostarla un po’ di più dalla nostra parte: stai piantando un semino nell’altr*. Le persone non cambiano posizione in un momento solo, c’è bisogno di tempo.

Consigli su quali elementi tenere presente durante la conversazione:

Per le energie e il benessere generale del ribelle conviene tenere in mente questi punti:

Come vedremo meglio nei prossimi capitolo alla fine della discussione e a seconda del livello di interesse del passante l* puoi invitare a:

 


2. Requisiti de* ribelli in outreach: come prepararsi al meglio

Se hai scelto di avere un ruolo in outreach, come per ogni altro ruolo, è essenziale arrivare preparat*.

Per questo bisogna tenere  in considerazione alcuni aspetti:

 In particolare, sul piano della formazione è fondamentale:

  1. a) Conoscere le tre richieste di XR e a quale/i fa riferimento l’azione in atto (cosa vogliamo con quest’azione?)
  2. b) Conoscere i dieci principi di XR (chi siamo? in cosa ci riconosciamo, in cosa siamo diversi)
  3. c) Spiegare la scelta della disobbedienza civile (come raggiungiamo le richieste? perché scegliamo questa metodologia?)
  4. d) Avere chiara la narrativa dell’azione in modo da far capire cosa vogliamo comunicare (perché siamo qui oggi? quali scelte comunicative abbiamo fatto?)
  5. e) Avere familiarità con tecniche di ascolto attivo: ci servirà per lasciar parlare la persona.

Conoscere questi concetti ti permetterà di rispondere fluidamente a queste domande e quindi ad avere un dialogo informato e genuino con le persone. In breve, riusciamo a diventare un vero ponte di informazione tra l’azione e i passanti.

 


3. Cosa frulla per la testa de* passanti? La psicologia del negazionismo di massa

Prima di parlare dell’ “outreach in azione” abbiamo deciso di inserire un capitolo di approfondimento sulla psicologia del negazionismo che permetta al ribelle “sul confine” di riuscire a capire cosa potrebbe muoversi nella mente della persona che ha di fronte e come aggirare le barriere eventualmente erette per girare la testa e far finta che non ci sia una grave crisi in atto.

Sul piano psicologico siamo abituati a valutare i rischi e le minacce che ci toccano direttamente mentre facciamo fatica a percepire i cambiamenti lenti: per questo la crisi climatica ed ecologica non viene trattata con l’urgenza che invece sarebbe necessaria.

La nostra mente infatti è molto meno razionale di quanto pensiamo. Il nostro comportamento e i nostri pensieri sono per la maggior parte meccanismi, reazioni automatiche, condizionamenti che hanno ben poco di razionale. Pensiamo di avere tutto sotto controllo, ma così non è.

Inoltre siamo molto legati a mantenere lo “status quo”: tendiamo a evitare il cambiamento, specie se drastico, e non amiamo le situazioni di incertezza.

Quando lo “status quo” è minacciato la nostra mente ha a disposizione una serie di “scorciatoie”, pregiudizi e reazioni automatiche. Tra queste le più importanti sono:

Un altro dato ci dice che far circolare più fatti scientifici, più informazione non aiuta.

In realtà le persone hanno in parte capito che la crisi può portare cambiamenti profondi del nostro stile di vita: dovremmo smettere di mangiare carne, di volare o usare la macchina... L’aver realizzato tutto questo  può portare a resistenze: più comprendiamo della gravità della situazione e più difficile diventa bilanciare il nostro comportamento e le nostre emozioni con dei fatti concreti che agiscono concretamente nelle nostre vite modificandole; questo sbilanciamento provoca stress, che naturalmente cerchiamo di evitare fino a quando si comincia a preferire l’ignoranza, il non sapere di più, perché la consapevolezza riguardo a ciò che potrebbe accadere in futuro è troppo dolorosa.

Numerose ricerche hanno evidenziato che l’esagerazione nel fare informazione (sovraccaricare l’interlocutore con dati scientifici, notizie, ecc... ) allontani le persone, che si ritrovano sopraffatte dalla quantità (e complessità) degli input e cercano quindi di disfarsene o di alzare barriere.

In sintesi, di solito abbiamo un sacco di scuse pronte, per lo più si tratta di razionalizzazioni:

Oltre a questi comportamenti diffusi, c’è poi una forma di negazione più profonda. Si tratta del negazionsimo. Ci sono due tipi di negazionismo: quello attivo in cui la persona è convinta che non esista alcuna crisi e che sia tutto una “bufala”, e quello passivo: persone che non sono convinte, ma non vedono l’importanza del tema ambientale e cercano di mantenersi fuori dall’argomento.

I negazionisti attivi (primo tipo) cercano di negare la scienza e per far questo hanno una lista di argomenti che in genere sono:

Spesso questo tipo di argomenti sono basati su un ragionamento semplicistico e su una logica errata. Infine,  i gruppi sociali di cui facciamo parte possono condizionare le nostre opinioni e le nostre azioni.

In generale, la negazione o le ragioni per non attivarsi dipendono dal cerchio sociale in cui si vive in quanto tendiamo a costruire le nostre opinioni e giudizi sulla base delle opinioni e dei giudizi  di coloro che per noi sono degni di rispetto o di affetto, ma senza garanzia, né verifica sull’effettiva affidabilità dei loro insegnamenti. Spesso la negazione non è il risultato di ignoranza o di  mancanza di informazione ma dipende dalla narrazione legata alla crisi nella quale siamo inseriti, cioè dal mondo in cui in un certo ambiente, si parla di una certa cosa.  (es. come si parla del covid al lavoro, in famiglia, ecc?). Cambiare le grammatiche (le varie desinenze contro il neutro patriarcale), cambiare le sintassi ( come ordine dei fattori in gioco), cambiare le semantiche e le narrative come si fa durante le Azioni di XR, è agire su quest’ultimo punto: fare leva sulle narrative, aprire delle brecce che lascino intravedere - dall’altra parte- qualcosa di diverso, più giusto, più a misura, più libero. Perché il modo in cui percepiamo il mondo dipende della narrativa in cui crediamo (vedi appendice 2). 

La linea che più facilmente può riuscire ad aggirare le barriere negazioniste è quella di convincere la gente riguardo alla vicinanza della crisi (nel qui ed ora) puntando sul coinvolgimento emozionale universale: tutti siamo minacciati. È  la nostra vita a essere in pericolo, il nostro lavoro, la nostra famiglia, i nostri amici, il mare o la montagna che amiamo. L’inquinamento dell’aria e delle acque, l’estinzione degli insetti (le api, le farfalle...) le siccità, il pericolo per l'agricoltura italiana e mondiale; non stiamo parlando del futuro,  parliamo di adesso e di un cambiamento che è necessario ora!

Questo ci sembra l’ancoraggio importante che andrebbe cercato nei dialoghi di outreach, per aggirare la barriera, aprire una breccia e instaurare con l’altr* uno scambio dialogico privo di giudizio e fecondo di cambiamenti.

 


 4. Outreach in azione

L’outreach è un micro-processo formato da:

  1. Il primo approccio al singolo passante/curioso.
  2. Le possibili frasi di primo contatto.
  3. Il contenuto e la qualità dello scambio dialogico.
  4. La chiusura dell’incontro e il commiato.

L’approccio iniziale

- Decidere come disporsi nell’area da coprire.

- Più efficace muoversi e cercare le persone che non rimanere fissi ad un angolo.

- Meglio cercare attivamente chi guarda già l’azione e sembra interessato.

- Cercare di capire quali sono le persone che si sentono più affini o più pronte a vincere le barriere negazioniste.

- Essere gentili e sorridenti (attenzione a un sorriso troppo tirato che può, suscitare sensazione di disagio), lenti nell’avvicinamento e attenti a non invadere lo spazio fisico altrui.

- In genere i passanti singoli o in coppia sono più facili da approcciare.

- Se il passante si dichiara di fretta provare comunque a lasciargli un volantino, magari lo leggerà quando avrà più tempo.

-Evitare di recarsi in più di due persone dallo stesso passante/gruppo per non creare sensazioni di oppressione. 

-Evitare di avvicinarsi ai passanti già col volantino in mano, chiedendo se lo vogliono. Potrebbe allontanarli.

Scegliere la frase di primo contatto

- Scegliere se dare del tu o del lei dopo rapida valutazione.

- Individuare ogni volta quale frase di primo contatto utilizzare in quanto essa può variare a seconda dell’interlocutore. Ricorda di non forzarti troppo e di essere te stesso: ogni ribelle ha il proprio stile e modo di approcciarsi.

- Alcuni esempi di frasi iniziali:

Lo scambio comunicativo

È più efficace un approccio incentrato sulla condivisione delle emozioni piuttosto che spiegare in modo neutrale e in pochi minuti teorie e risultati scientifici (vedi cap.3). Tutto ciò può venire riassunto in un eventuale volantino.

Per dare un’impressione positiva è opportuno anche saper ascoltare con empatia e trovare un argomento al quale agganciarsi, che la persona sente importante per sé e da lì provare a mostrare i collegamenti tra il suo pensiero e il nostro. Ricordiamoci che diverso è il sentire di uno studente, di una coppia con figli, di uno migrante, è quindi importante cercare di individuare un punto di contatto legato a un tema di interesse comune.

Come orientare il dialogo… a seconda dell’interlocutore, si può scegliere di parlare di:

  1. Cambiamento climatico nelle sue diverse declinazioni (approccio scientifico legato alle fonti).
  2. Azione in corso ed eventuale aggancio con le tre richieste.
  3. Caratteristiche e novità del movimento Extinction Rebellion (inclusività, azioni dirette non violente come quella che si sta svolgendo ora, sistema auto-organizzante, benessere e culture rigenerative).
  4. Emozioni che ci hanno spinto a diventare soggetti attivi (esperienze personali) e che ci spingono ad agire.
  5. Emozioni suscitate dal tema, dall’azione, dallo scambio dialogico che si è realizzato.

Sul piano generale è importante fare dei  discorsi semplici in modo che siano facilmente comprensibili,

evitare di bombardare con cifre e valori soprattutto se non sono facilmente visualizzabili, non  giudicare o incolpare nessun*. Non voler prevalere o convincere o insegnare ma portare l’attenzione su una questione normalmente negata e creare una crepa da cui entrare con una nuova narrativa (vedi appendice 2).  

Chiusura dell’incontro e commiato

Per congedarsi, prima di tutto, ringraziare per il tempo dedicato allo scambio.

Se lo scambio è stato utile e piacevole si possono scambiare i contatti e lasciare quelli per avvicinarsi al movimento, o proporre di partecipare a un “Onboarding” oppure alla prossima plenaria cittadina. Tutto ciò può essere scritto sul volantino insieme a informazioni tecnico-scientifiche, infografiche, Qrcode ecc.  La pratica mostra che non sempre è necessario concludere lo scambio dando il volantino, così come invece a volte si può lasciare qualche copia in più per chi volesse parlarne con parenti e amici.

Alcun* attivist* stanno sperimentando con successo l’idea di lasciare un piccolo dono a suggellare la preziosità dello scambio (una poesia, un sacchetto di semi, un biscotto) con lo scopo di restituire un senso positivo della vita.  Un regalo è qualcosa di gratuito che non chiede nulla in cambio, in ambito politico  è fuori dalle vecchie logiche sapute, e attiva empatia e curiosità.  È comunque sempre utile che la persona esca dallo scambio con noi con qualcosa che possa rimanergli: se non un dono può essere una domanda, un numero di telefono, un dubbio... o perché non un desiderio?

 


5. Protocolli di volantinaggio durante la pandemia di Coronavirus

Compilato con informazioni pubblicate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, Action Together e Dor-2-Dor


APPENDICE 1 - Nota metodologica

I dispersi, i senza gruppo d’affinità della Ribellione d’Autunno (venuti da altre città) si sono trovati a fare outreach, perché era un modo per essere presenti e fare qualcosa di utile al movimento. Una ragazza tra noi aveva più esperienza e visto che il gruppo cresceva di numero sono nate formazioni e debriefing, prima e dopo le azioni. È emersa in tutt* la forza dell’esperienza di outreach che mette in gioco la persona completamente, nel pensiero, nelle emozioni, nel linguaggio scelto per la comunicazione.  

È stato fatto tesoro di quanto detto nei debriefing, in preparazione per future mobilitazioni: abbiamo voluto riprendere quanto nato dalle nostre esperienze e rielaborarlo, a confronto con ciò che già era stato scritto dai gruppi del Regno Unito, con il desiderio di attingere dall’esperienza inglese, per adattarla al contesto italiano.

Quindi quando a livello nazionale è sorta la necessità di avere un manuale di “Outreach in azione” per la Ribellione d’aprile abbiamo ripreso in mano e -laddove necessario tradotto-  i diversi  materiali e abbiamo cercato in XR la collaborazione di persone esperte in psicologia e comunicazione. Da qui l’approccio all’outreach come “scambio dialogico” e l’approfondimento del fenomeno del negazionismo riguardo la crisi climatica ed ecologica, presente in un’ampia percentuale della popolazione.

Dopo una prima discussione abbiamo scritto una scaletta per il manuale e ci siamo divisi le parti da scrivere secondo preferenze e conoscenze, per poi operare attraverso letture e revisioni reciproche e incrociate ad aggiustare la struttura del linguaggio, della formattazione. Abbiamo volutamente non omogeneizzare troppo gli stili come scelta capace di mostrare, anche nella pratica della scrittura, il rispetto delle diversità e degli stili di ognuno.

Infine il manuale è passato al Gruppo Grafica per un arricchimento estetico e un lavoro sulla leggibilità fino ad arrivare a ciò che avete tra le mani…un manuale!  Una guida,  un punto di riferimento, consigli ed esperienze vissute, analizzate e rilanciate per nuove azioni e nuovi apprendimenti.


APPENDICE  2 - PER UNA NUOVA NARRATIVA: DALLA SEPARAZIONE ALL’INTERCONNESSIONE

Per il ribelle che fa outreach è importante conoscere la vecchia narrativa oggi dominante:  si tratta di una narrativa della separazione: ognuno di noi è separato dagli altri e tutti siamo individui (Ego). Siamo separati dalla natura, viviamo per sopravvivere e riprodurci, l’universo che ci circonda ci è ostile e per affrontare le nostre paure e incertezze dobbiamo conquistarlo, dominarlo. Dobbiamo dominare la natura, così da placare anche le nostre paure e le nostre incertezze. Lo facciamo accumulando ricchezze, che ci danno un falso senso di sicurezza. Lo facciamo consumando, per riempire il buco che sentiamo dentro di noi. Manca poco e avremo consumato tutto... e nemmeno saremo siamo felici. Non avremo mai abbastanza ricchezze e non riusciremo mai a comprare abbastanza beni da colmare quel buco: si tratta di una vera e propria dipendenza (ti serve sempre più, ma in realtà non ti soddisfa mai). La nostra ricchezza è un velo per nascondere la nostra povertà.

La crisi attuale è il risultato di questa separazione: siamo all’apice - non possiamo andare oltre, le ricchezze accumulate sono incommensurabili ma le disuguaglianze sono sempre al di fuori di ogni proporzione... e la pandemia ha solo messo questa situazione al nudo. 

Al contrario XR e altri movimenti in tutto il mondo stanno cercando di introdurre una nuova “vision”, una nuova narrativa legata alle  scoperte scientifiche degli ultimi cento anni.

Il concetto fondamentale è l’interconnessione, ovvero che tutto è collegato. E che osservando la realtà possiamo modificarla. L’evoluzione del DNA non è dettata dalla legge di sopravvivenza del più forte o del più adatto, ma da un processo di interazioni e scambi di informazioni tramite processi tutt’ora sconosciuti.  Gli alberi nei boschi comunicano tramite le radici e reti di funghi e pure tramite gli uccelli. Si aiutano a vicenda, perché ognuno è legato e dipende dall’altro. È stato osservato che nelle foreste gli alberi vecchi che stanno per morire passano i nutrienti, a livello radicale, alle piante più giovani, che necessitano di crescere.

Non esiste una stretta separazione tra noi individui; non si può dire dove finisco io e dove inizi tu. Dandoti attenzione, con pensieri, parole o azioni ho una vera influenza fisica sul tuo corpo, ad esempio alterando i livelli di glucosio nel tuo sangue.

Lamentarsi e incolpare possono danneggiare i neuroni: queste non sono teorie, ma sono scoperte di neurofisiologia basate sull’osservazione del cervello attraverso le nuove tecnologie. Questo porta al fatto che se io faccio male a te, faccio male anche a me stesso. E se facciamo male alla natura facciamo male a noi stessi. È tutto interconnesso, e su questo si basa la narrativa nuova, attualmente già esistente.

Purtroppo, c’è un abisso enorme tra la conoscenza scientifica e la consapevolezza ordinaria.

Il compito di XR è diffondere la conoscenza di questa nuova narrativa. Lo facciamo prima scoprendo quanto noi stessi siamo intrisi e condizionati fin nel profondo della vecchia narrativa binaria (buono/cattivo, giusto/sbagliato/ricco/povero, uomo/donna) legata allo sfruttamento e alla supremazione del più debole. Poi grazie al lavoro relazionale e a quello di formazione e autoformazione iniziamo a cambiare, cambia il modo di respirare, di stare nei nostri corpi, cambiano i ritmi del parlare e le parole che usiamo. Ecco, sarebbe bello che i ribelli che che fanno outreach portassero da dentro a fuori di sé e da dentro a fuori di XR questa nuova narrativa, che parla di fiducia, solidarietà, amore, forza, sicurezza, gioia e bellezza.

 


Versione #4
Creato 30 aprile 2021 15:03:45 da Community
Aggiornato 30 aprile 2021 19:22:45 da Community